Imparare dagli errori del passato
Imparare dagli errori del passato Dawson's Field e 11/9 a confronto Imparare dagli errori del passato Dawson's Field e 11/9 a confronto

Imparare dagli errori del passato

Dawson's Field e 11/9 a confronto

Noi di ATS parliamo sempre degli eventi del passato perchè le procedure di security di cui parliamo tutti i giorni nei nostri corsi di formazione sono dettate da eventi del passato, perchè gli errori del passato insegnano a operare nel modo più giusto la volta successiva, perchè è interessante capire come i malintenzionati sono riusciti a passare dai buchi che abbiamo lasciato aperti ed agire per chiuderli, perchè se ci sono state delle vittime non devono essere morte invano. Il passato insegna sempre e non solo in security.

In questo articolo di Aviation Security International c'è un interessante confronto tra due attacchi multipli, Dawson's Field e l'11 Settembre.

Gli attacchi di Dawson’s Field a 50 anni di distanza. La rivisitazione di un dirottamento: perché non impariamo dal passato?

50 anni fa, il Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina (PFLP) fece un attacco terroristico contro l’aviazione civile, senza precedenti in termini di capacità, coordinamento e attenzione dei media. Il dirottamento simultaneo di quattro aerei e la presa degli ostaggi tenne il mondo col fiato sospeso.

Il Dr. Jonathan Zimmerli esamina le fonti d’archivio dei primi anni 70 in modo da comprendere come mai gli aeroporti e le compagnie aeree si erano fatti cogliere impreparati a questi attacchi terroristici e si domanda se abbiamo mai veramente imparato le lezioni dell’infausto ‘Skyjack Sunday’.

Alla fine degli anni 60 i dirottamenti aerei erano frequenti quanto le rapine in banca. Con una media di un dirottamento a settimana, le televisioni e le agenzie di stampa trasmettevano storie sensazionali di disperati innamorati, disincantati oppure dirottatori in bancarotta che chiedevano denaro o semplicemente un viaggio a Cuba. Le compagnie aeree cercavano di convivere con questa valanga di dirottamenti sminuendoli in incidenti di minore importanza, istruendo i loro piloti a rispettare tutte le loro richieste e fornendo agli equipaggi mappe d’atterraggio per l’aeroporto internazionale dell’Havana.

Nel 1969 l’amministrazione Nixon, stanca di come stavano andando le cose, chiese una risposta. Mentre l’Amministrazione Federale dell’Aviazione (FAA) sembrava paralizzata, diversi senatori proposero che gli aeroporti cominciassero a usare macchine a raggi x e metal detector per lo screening dei bagagli dei passeggeri, strumenti già utilizzati in prigioni di massima sicurezza. Infatti negli anni 60 i passeggeri non erano controllati a causa del timore dell’industria aerea di perdere i propri clienti nel mercato domestico molto competitivo; lobbisti neo assunti e ben pagati fecero in modo che i legislatori rinunciassero all’implementazione dello screening per i passeggeri in tutta la nazione.

Poco dopo il dibattito del Congresso americano sull’implementazione dei controlli di security, la minaccia contro l’aviazione civile si intensificò in Europa. Il primo attacco avvenne a Roma, dove tre membri del PFLP, un gruppo terroristico fondato da George Habash dopo la guerra dei sei giorni, dirottò il volo 426 della El Al. Ferirono il copilota e fecero un atterraggio televisivo ad Algeri.  Altri due attacchi contro voli della El Al ad Atene e a Zurigo portarono la El Al ad innalzare le proprie misure di sicurezza a livelli senza precedenti, costringendo il PFLP a rivolgere la propria attenzione a compagnie aeree occidentali. Due successivi dirottamenti colpirono voli americani, mentre nel febbraio del 1970 un ordigno esplosivo improvvisato detonò nel vano di poppa del volo 330 della Swissair in rotta per Tel Aviv, precipitando a soli 2000 metri da una centrale nucleare e uccidendo tutti i passeggeri. Sul finire dell’estate del 1970 la minaccia di attacchi terroristici da parte dei Palestinesi era dilagante, in modo particolare su voli in partenza da aeroporti europei.  La El Al aveva reagito rapidamente, implementando delle integrali misure di sicurezza. Non fu pertanto strano che la domenica del 7 settembre 1970, il funzionario della sicurezza responsabile del volo 219 della El Al in partenza da Amsterdam per New York segnalò 4 passeggeri sospetti per un controllo aggiuntivo: una coppia in luna di miele e due uomini che viaggiavano con passaporto diplomatico senegalese. I due in luna di miele, dopo un’ispezione manuale, furono ammessi a bordo. All’insaputa del funzionario della sicurezza, la donna era la 24enne Leila Khaled, una ragazza poster del PFLP che era ben nota ai funzionari israeliani per il pluri pubblicizzato dirottamento di un volo della TWA un anno prima. Il suo partner era Patrick Argüello, un cittadino americano noto alla FBI per le sue attività in Sud America. Gli altri due uomini avevano entrambi acquistato i biglietti quella stessa mattina e avevano pagato in contanti. Inoltre i loro passaporti avevano numeri sequenziali, il che fornì diversi indicatori al funzionario per negare loro l’imbarco a bordo del volo della El Al; furono riprenotati su un volo della Pan Am per New York. Imperturbati per la defezione, i due decisero di dirottare il volo 747 della Pan Am. Mentre la Khaled e il suo compagno si imbarcarono sul volo della El Al ad Amsterdam come pianificato, gli altri gruppi di terroristi si imbarcarono sul volo 100 della Swissair a Zurigo e sul volo 741 della TWA a Francoforte. I dirottatori erano ben preparati. Armati di granate e pistole, avevano con loro anche informazioni sulle rotte, cartine di navigazione aggiornate e anche informazioni riguardanti i calcoli di carburante.  Quando durante il dirottamento del volo della TWA il Comandante Carroll Woods tentò di far loro credere che non c’era sufficiente carburante per il viaggio, i dirottatori gli garantirono che potevano vedere che invece c’era! 20 minuti dopo il decollo il volo 100 della Swissair, il Comandante Fritz Schreiber udì un rumore nella cucina della prima classe. Alcuni secondi dopo un uomo era alla porta della cabina di pilotaggio tenendo puntata un’arma alla testa di un’assistente di volo e gridando nervosamente in un inglese scarso. La situazione era così strana e il Comandante Schreiber si mise a ridere ad alta voce. Soltanto quando vide la granata con la sicura rimossa realizzò che la situazione si faceva pericolosa. Quasi nello stesso momento la stessa sequenza di attacco avveniva sui voli TWA, El Al e Pan Am.  I terroristi presero possesso dei quattro aerei con rapidità e sorpresa. Usando gli assistenti di volo come ostaggi, guadagnarono l’accesso alla cabina di pilotaggio. La sola eccezione fu il volo 219 della El Al.  Qui un membro dell’equipaggio premette un tasto d’allarme dirottamento installato poco tempo prima che avvisava la cabina di pilotaggio del dirottamento in corso. Quando i due terroristi fecero per andare verso la parte frontale dell’aereo, il comandante fece fare al Boeing 707 una spirale verso il basso che portò i terroristi a cadere verso la cabina. Scivolata, Leila Khaled fu sopraffatta dai passeggeri e un agente armato sparò a Patrick Argüello che poi morì per le ferite riportate.

Nel primo pomeriggio di quella domenica il PFLP aveva quasi 500 passeggeri e membri d’equipaggio sotto il proprio controllo. Mentre il Boeing della El Al faceva un atterraggio d’emergenza a Heathrow, gli altri tre voli continuavano verso un campo di battaglia britannico abbandonato chiamato Dawson’s Field, nel deserto giordano vicino alla città di  Zarqa. I piloti dovettero atterrare nella quasi totale oscurità con la pista illuminata da torce e fanali di auto. Usando la spinta inversa dei suoi quattro motori il DC-8 della Swissair si fermò a soli 75 piedi dal Boeing 707 della TWA, evitando una catastrofica collisione in quella notte buia. Il 747 della Pan Am non poté atterrare a Zarqa a causa delle sue dimensioni e quindi dirottò verso il Cairo, dove i due terroristi mandarono in pezzi l’aereo nuovo di zecca a pochi minuti dallo sbarco degli ostaggi. Tre giorni dopo il PFLP dirottò un altro aereo, un Super VC-10 della BOAC in rotta da Bombay a Londra via Bahrain, per poi atterrare nella striscia del deserto di Zarqa. Le negoziazioni per le persone tenute in ostaggio dal PFLP includevano Germania, Israele, Svizzera, Regno Unito e Stati Uniti.  Il 12 settembre 1970 il PFLP riunì un cameraman occidentale e un fotografo nel deserto e, in una spettacolare esplosione, distrusse ii tre aerei creando un’immagine iconica dei tre aerei in fiamme. Qualche settimana più tardi tutti gli ostaggi furono finalmente liberati e portati a casa al sicuro. Entrambe le parti acclamarono il proprio successo. I governi occidentali erano riusciti a portare a casa i loro ostaggi vivi, mentre il PFLP si era confrontato sia con Israele sia con gli Stati Uniti e aveva ottenuto il rilascio di 7 terroristi detenuti in Germania, Svizzera e Regno Unito. Comunque era una piccola vittoria per entrambi. L’animosità nei confronti del PFLP crebbe ad ogni successivo attacco mentre l’Occidente dovette affrontare continue minacce di attacchi terroristici per i decenni successivi.

Guardando indietro agli eventi del 1970, la questione rimane: perché aeroporti e compagnie aeree erano così impreparati a tali attacchi?

 Come già menzionato, i dirottamenti erano frequenti negli Stati Uniti e gli attacchi terroristici furono una seria minaccia in Europa dal 1968 in poi. Un precedente attacco sul volo 432 della El Al a Zurigo a febbraio del 1969 dimostrò quanto facile fosse nascondere armi su un aereo. I terroristi prepararono la loro operazione a Vienna, ma decisero di volare verso il loro target in Svizzera, una destinazione normalmente raggiunta in treno. La loro scelta era dettata dal fatto che la possibilità di essere presi con AK-47, granate ed esplosivo era più elevata passando i controlli al confine nelle stazioni dei treni che attraverso qualsiasi misura di sicurezza in aeroporto. L’attacco mortale a terra a Zurigo si dimostrò un campanello d’allarme per l’autorità nazionale dell’aviazione svizzera. Rapporti, istruzioni e protocolli negli archivi di Zurigo illustrano una ripida curva di apprendimento a seguito dell’attacco. I controlli di sicurezza furono aumentati per determinati voli e furono emesse delle linee guida per controllare i passeggeri e piantonare gli aerei. Comunque, guardando queste nuove linee guida, diventa chiaro che le attività dei terroristi da parte di gruppi palestinesi erano quanto meno ad un livello operativo, principalmente percepito come una minaccia nei confronti di Israele e non tanto come minaccia contro l’aviazione civile in generale. Ma sottolineare la mancanza di misure di sicurezza allo stretto focus dei voli per Israele non porta lontano. Non vi era un’unica causa, ma diversi elementi che portarono alla mancanza di preparazione degli aeroporti europei contro gli attacchi simultanei del settembre 1970. Innanzitutto, le compagnie aeree mostravano una forte resistenza nei confronti di estesi e maggiori controlli di sicurezza. Come seconda cosa, prevaleva una generale percezione secondo la quale la minaccia era specifica per voli da e verso Israele e, terzo, c’era scarsità di personale negli aeroporti durante la fase di costruzione dei nuovi controlli di sicurezza. L’avversione da parte delle compagnie aeree nei confronti dei controlli di sicurezza era visibile non solo negli Stati Uniti durante l’epidemia di dirottamenti di metà e fine anni 60, ma anche in Europa. Un anno prima del ‘Skyjack Sunday’ la polizia aeroportuale svizzera rafforzò la sicurezza per i voli Swissair e BOAC verso Israele, chiedendo l’attenta verifica di documenti d’identità, visti e documenti di viaggio. “Sono sospetti principalmente i passeggeri che sembrano arabi”, affermava un documento interno avvisando di approfonditi controlli di sicurezza nei confronti di tali passeggeri. Ma nello stesso documento gli ordini dicevano “Se il controllo di sicurezza procede senza risultati, ci scusiamo educatamente per l’inconveniente”.  Appena pochi giorni dopo la pubblicazione di queste nuove linee guida, l’Autorità dell’Aviazione Svizzera dovette affermare che queste misure erano legali e dovevano essere confermate. Questo può essere visto come un potenziale indicatore della forte pressione per disporre di tali misure il prima possibile. Inoltre memorandum interni dimostrano come la polizia aeroportuale nei primi anni 70 lottò freneticamente per adottare delle nuove restrizioni di sicurezza, assumendo sorelle e mogli di funzionari di polizia aeroportuale come agenti part-time.  

Mentre gli attacchi del settembre 1970 furono uno shock per il mondo, la questione rimane: la comunità della sicurezza aerea ha imparato la lezione da questi eventi?

Mentre ci vollero 30 anni perché si materializzasse un altro attacco terroristico simultaneo, sembra che le forze dell’ordine, la sicurezza aeroportuale, le compagnie aeree siano caduti in trappole ed errori simili nel 2001. I parallelismi tra ‘Skyjack Sunday’ e ‘9/11’ colpiscono. Entrambe le operazioni prevedevano attacchi simultanei di quattro diversi aerei, utilizzando il dirottamento come modus operandi. In entrambi i casi la scelta delle armi da parte dei terroristi rifletteva la debolezza dei controlli di sicurezza implementati a quei tempi. Nel 1970, quando i controlli di sicurezza erano approssimativi o non esistenti, furono scelte granate e armi da fuoco, mentre nel 2001 le armi scelte furono taglierini che non erano neanche tra gli articoli proibiti. Durante entrambi gli attacchi piccole squadre strumentalizzarono le procedure operative standard delle compagnie aeree. Il PFLP integrò nel proprio modus operandi il fatto che si suppone che il pilota di un vettore apra la porta della cabina di pilotaggio se la vita di uno dei suoi membri di equipaggio è in pericolo. Sul volo 219 della El Al i dirottatori furono sorpresi quando il comandante si rifiutò di aprire la porta, anche se uno dei membri d’equipaggio era in pericolo di vita. Con gli altri tre voli il gioco fu facile. 30 anni dopo, gli attacchi dell’11 settembre si basavano su un comportamento che gli adepti di al-Qaeda avevano notato durante i loro numerosi viaggi di prova nell’estate del 2001. L’equipaggio in cabina di pilotaggio su voli domestici, non importava quale compagnia aerea fosse, apriva la porta 15 minuti dopo il decollo, un’abitudine che fornì i terroristi di un punto d’attacco.

Mentre l’industria aerea combatté i controlli di sicurezza proposti per tutti gli anni 60, la Commissione del 9/11 concluse che le compagnie aeree non avevano cambiato affatto il loro approccio nei confronti della regole di security. Così l’industria affrontò le nuove misure di security con una tattica di ‘decreti, divieti e ritardi’. Pochissime misure di sicurezza proposte dalla Commissione Gore nel 1997 erano state implementate, ancora una volta a causa della forte resistenza da parte dell’industria. Inoltre il settore della minaccia all’inizio degli anni 2000 riguardava i voli internazionali. I voli domestici non erano considerati un target e perciò erano soggetti ad un controllo minimo. Esattamente come nel 1970, quando il focus dei controlli di sicurezza era per i voli da e per Israele, i controlli aggiuntivi di sicurezza negli anni 90 erano focalizzati esclusivamente sui voli internazionali. Guardando agli attacchi terroristici del 1970 e del 2001 da una prospettiva storica, due cose diventano chiare. Primo, i documenti d’archivio indicano una crescente curva nell’apprendimento dopo ciascun attacco terroristico. Furono adottate nuove misure come il profiling dei passeggeri o il piantonamento dell’aereo durante la sosta sul tarmac. Ma, come dimostrano i successivi attacchi terroristici, i controlli di sicurezza implementati non furono mai così effettivi come si era inteso.  Mentre in entrambi i casi le nuove misure di sicurezza furono messe in atto prima degli attacchi, l’implementazione fu frammentaria e non fu lo specchio dell’iniziale curva di apprendimento. Per esempio, mentre i passeggeri erano intervistati agli inizi degli anni 70 prima dell’imbarco da e verso Israele, i terroristi del PFLP ce la fecero comunque a bordo dei loro voli prescelti. Inoltre nel 2001, nonostante fosse chiaro che la minaccia terroristica stava crescendo, il sistema dei selectee, che assicurava che i passeggeri sospetti fossero identificati, prevedeva soltanto l’ispezione del bagaglio da stiva, ignorando il bagaglio a mano del selectee. Alcune critiche identificano la ben nota reattività delle misure di sicurezza dell’aviazione quale principale ragione dei suoi continui tagli, argomentando che le misure di sicurezza sono implementate soltanto dopo un attacco terroristico e pertanto arrivano sempre inevitabilmente troppo tardi. Ad ogni modo, guardando agli attacchi terroristici da un punto di vantaggio storico si dimostra che i problemi sono molto più complessi. Come dimostra il ‘Skyjack Sunday’, le misure di sicurezza c’erano già. La sfida nel contrapporsi ad un attacco terroristico non si vince semplicemente adottando delle misure di sicurezza.  Mentre nella maggior parte dei casi la curva di apprendimento dopo gli attacchi terroristici è chiaramente visibile, una moltitudine di diversi fattori influenzano e ostacolano le misure di sicurezza dall’essere integralmente adottate. Poiché vettori e aeroporti sono più preoccupati della soddisfazione del cliente rispetto alla security, le autorità lottano per rafforzare nuove misure, mentre le organizzazioni terroristiche stesse fanno tesoro dei buchi identificati durante i viaggi di prova. Questa interdipendenza di una moltitudine di fattori ha bisogno di essere presa in considerazione in modo da affrontare le nuove minacce terroristiche del futuro; soltanto allora saremo in grado di imparare dai nostri errori del passato.

(Aviation Security International Magazine Settembre 2020. Riguardo all’autore di questo articolo: il Dr. Jonathan Zimmerli ha una laurea specialistica in Studi d’Intelligence della Brunel University di Londra ed ha un dottorato di ricerca in Storia dell’Università di Berna. Lavora presso il Swiss Federal Office of Civil Aviation come ispettore di sicurezza aerea. Inoltre è attualmente impegnato nella ricerca accademica della FAA  sull’intelligence e sul quadro di minaccia precedente agli attacchi dell’11 settembre).