Salim, l'addetto alla security eroe dello Stade de France
Salim, l'addetto alla security eroe dello Stade de France L'importanza dell'analisi comportamentale nella security Salim, l’addetto alla security eroe dello Stade de France L'importanza dell'analisi comportamentale nella security

Salim, l’addetto alla security eroe dello Stade de France

L'importanza dell'analisi comportamentale nella security

Salim, l’addetto alla security eroe dello Stade de France ha dimostrato d'essere un perfetto conoscitore dell'analisi comportamentale. La sua attitudine riflette ciò che tutti i giorni gli Istruttori di ATS cercano di infondere nei ragazzi della security: insieme alle normative che è necessario che sappiano e all'insegnamento delle macchine che utilizzeranno, è necessaria l'osservazione, il discernimento, il soffermarsi sulle anomalie, il non tralasciare nulla.

Se tutto fosse andato secondo i piani, lo Stade de France sarebbe ora sinonimo d’orrore.

Il terrorista dello Stato Islamico Bilal Hadfi, 20 anni, avrebbe dovuto introdursi nello stadio e lì, circondato da migliaia di tifosi tra i quali il Presidente Hollande, farsi esplodere.

Se ci fosse riuscito le conseguenze sarebbero inimagginabili. Ma le azioni ragionate di un uomo, un addetto alla security, lo hanno fermato. Si chiama salim Toorabally, un uomo di 42 anni immigrato dalla Mauritania e devoto musulmano. Vive in un modesto bilocale in un sobborgo a nord est di Parigi con la moglie Bibi, 55 anni, e la figlia quindicenne Yza.

Come in seguito un poliziotto ha detto a Salim: “Signore, è possibile che lei abbia salvato la Francia”.

Salim continua a ripetere di essere una normalissima persona che ha semplicemente fatto il proprio mestiere.

Ma il fatto rimane: se non avesse notato Hadfi in mezzo a migliaia di tifosi che gli sono passati accanto al tornello che gestiva, ci sarebbe stato un massacro di centinaia di persone e lo stesso Presidente avrebbe potuto essere tra loro.

Ricordando il momento in cui ha fermato il terrorista suicida, Salim ha detto: “Ho sentito un brivido lungo la schiena. Mi sono sentito male. E’ stato scioccante. Mi sono detto che se lo avessi lasciato entrare avrei provato rimorso per l’uccisione di tutte quelle persone innocenti. Centinaia di persone avrebbero potuto morire”.

Prima di andare allo stadio in cui si sarebbe svolta un’amichevole tra Francia e Germania, Salim aveva pranzato con la propria famiglia. Abita a 20 minuti di auto dallo stadio Saint-Denis, l’area in cui la mente degli attacchi di Parigi, Abdelhamid Abaaoud, sarebbe stato ucciso alcuni giorni più tradi.

Lavorando per la Maine Securite, Salim era parte del team di 150 addetti alla sicurezza in turno ai tornelli sul perimetro esterno dello stadio.

Lavorava in security da 10 anni, ma questa era la prima volta che lavorava allo Stade de France.

Poco prima di recarsi alla partita, la sorella si era raccomandata di prestare attenzione perché aveva sentito che la squadra tedesca era stata evacuata dall’hotel in cui alloggiava a causa di un allarme bomba.

Salim arrivò allo stadio in perfetto orario. Era in servizio al gate L.

In agguato nei dintorni Hadfi, che il mondo avrebbe presto conosciuto come ‘lo jihadista dalla faccia di bambino’, stava senza dubbio nervosamente pensando al compito che si accingeva ad eseguire.

Se ci fosse riuscito, milioni di persone al mondo lo avrebbero visto mentre si faceva esplodere in diretta TV e i suoi corrispettivi avrebbero poi fatto una serie di attacchi coordinati in vari punti della città. Mancavano 45 minuti al calcio d’inizio ede era tempo per lui di muoversi.

La folla era numerosa e a centinaia stavano fluendo dietro Salim.

La guardia è sempre stata orgogliosa per la sua abilità nel restare vigile anche sotto pressione.

E quando un giovane uomo arabo con una giacca nera gli comparve improvvisamente davanti cercando di tallonare da vicino un tifoso attraverso il tornello, Salim lo fermò. Istintivamente gli fermò la strada con un braccio che, non lo sapeva in quel momento, toccò lievemente una cintura esplosiva nascosta sotto la giacca di Hadfi. Conteneva TATP, l’esplosivo noto come ‘madre di satana’.

In modo poco credibile il giovane uomo insistette dicendo che aveva un biglietto ma che stava aspettando che il cugino glielo portasse.

Salim non si lasciò ingannare e non lo fece entrare.

Normalmente il giovane uomo non sarebbe stato guardato una seconda volta. Ma c’era qualcosa nei suoi modi, furtivi e cospirativi, insieme al modo in cui indugiava un po' troppo a lungo nei pressi, che rese Salim inquieto.

Poi prese ad avere un insolito interesse nelle misure di sicurezza. Fece una serie di chiamate col proprio cellulare.

I sospetti di Salim aumentarono. Registrò il suo aspetto – la giacca, i corti capelli neri, la corporatura snella – e continuò a far passare i tifosi.

Dieci minuti dopo vide il giovane uomo andare verso un altro tornello. Salim corse via dalla sua postazione per andare ad avvisare il collega, ma il giovane uomo, realizzando che era stato scoperto, indietreggiò e sparì.

50 minuti dopo Salim sentì la prima di tre esplosioni, sebbene all’inizio non la collegò all’uomo che aveva visto fuggire.

Infatti fu solo molto più tardi, quando fu interrogato dalla polizia, che lo realizzò.

Salim identificò Hadfi come il giovane uomo con la giacca scura da una selezione di foto, una delle quali disse che assomigliava alla faccia insanguinata del terrorista morto.

Ricordando quei momenti terrificanti in cui lo stadio era sotto attacco egli disse: “Mai in vita mia ho avuto così tanta paura. Lo sentivo nello stomaco. Avevo paura di essere sul punto di morire. Pensai alla mia famiglia, mia moglie, mia figlia. Poi i miei pensieri andarono alla persona più importante alla partita, il Presidente Hollande.

Ma la paura non lo fermò dal correre istintivamente in aiuto dei colleghi feriti.

“Avevo bisogno di fare qualcosa per essere d’aiuto”, ha detto.

“C’erano tanti di noi e nelle postazioni in cui stavamo eravamo inutili”.

Chiamò altri colleghi ed entrò. In pochi secondi, avvicinandosi al gate D, incontrò tre steward feriti che erano stati colpiti dall’esplosione.

Salim aiutò a sdraiare quello dei tre maggiormente ferito facendo attenzione che la gamba ferita non premesse contro il terreno. Aiutò gli altri due a sdraiarsi a terra rassicurandoli che sarebbero sopravvissuti. Inginocchiandosi accanto a loro, prese loro le mani e pregò.

“Tutto ciò che avevano fatto era stato di venire al lavoro per pochissimo denaro. Erano lì solo per fare il loro lavoro ed era successo loro questo. Dovevo aiutare. Mi vidi improvvisamente a terra dove erano loro e immaginai che avrei potuto essere la vittima successiva”.

A quel punto fu raggiunto da latri colleghi che chiamarono un’ambulanza. Quando i paramedici arrivarono e tagliarono i pantaloni di un uomo, vide con orrore due pallottole dai cui buchi usciva molto sangue.

Soltanto dopo scoprì che c’era stata una terza esplosione – ne aveva sentite solo due dall’inizio della devastazione.

Ciononostante in totale ci furono poche vittime: oltre ai tre terroristi soltanto un’altra persona.

Salim rimase fino a tarda ora per perquisire lo stadio alla ricerca di altre possibili vittime. Prese il treno per tornare a casa solo all’1.30 a.m.

Fece fatica a dormire e da allora non riesce più a dormire e ha terribili flashback.

Il suo datore di lavoro gli disse che due suoi colleghi erano stati portati d’urgenza in ospedale, ma che erano stati dimessi dopo pochi giorni.

Nei giorni successivi Salim è stato salutato come un eroe.

Salim ha affermato: “Gli uomini che fanno questo sono degli impostori, danno un messaggio sbagliato”. Ha aggiunto: “Sono venuto in Francia quando avevo 16 anni. Questo è un paese in cui ho avuto successo. Sono orgoglioso di essere francese”.